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Introduzione alla mostra

"O Lotto, come la bontà buono e come la virtù virtuoso, [...] lo essere superato nel mestiero del dipingere, non si accosta punto al non vedersi agguagliare ne l'offizio de la religione. Talché il cielo vi restorarà d'una gloria che passa del mondo la laude": così, nella aprile del 1548, Pietro Aretino si rivolgeva a messer Lorenzo Lotto, principiando una lunga stagione d'oblio che solo il Novecento saprà risarcire.

Sarà Bernard Berenson a sancirne la piena riscoperta nel dicembre 1894 con l'uscita delLorenzo Lotto. An Essay in Constructive Art Cristicism, edito sull'onda della psicanalisi freudiana, tanto da scriver nel 1892 alla sorella "se fossi un artista, somiglierei al Lotto". Presentato come "il primo pittore italiano a essere sensibile ai mutevoli stati dell'animo umano" e "Ciò fa di lui, in modo preminente, uno psicologo" tanto che "Mai nessuno, prima di Lotto, ha portato alla luce la vita interiore sul volto" un "[...] pittore psicologo in un'epoca che stimava quasi soltanto forza e gerarchia, un pittore personale in un'epoca in cui la personalità stava per diventare meno stimata del conformismo, evangelico di cuore in un paese su cui un cattolicesimo rigido e senza anima ogni giorno più rafforzava la sua presa". Così che Zampetti, nell'Introduzione alla mostra veneziana del 1953 lo definiva "un pittore unico non solo nella storia dell'arte italiana, ma europea, genio rivelatore, senza precedenti, della propria anima, non staccato dai suoi personaggi ma vivo e in essi presente".

Le esposizioni monografiche dedicate a Lotto si concluderanno nel 1998 con tre mostre a Washington, Bergamo e Parigi che celebreranno, in rapida successione e in tre prestigiose sedi, la vicenda artistica del pittore veneziano raccontandone la figura in un catalogo che offriva un punto di vista ancora oggi pienamente condivisibile. Trascorsi poco più di dodici anni sembra dunque ozioso tornare a presentare Lotto, da allora rade le acquisizioni critiche per giustificare una nuova summa monografica.
Che nasce da un'occasione. Negativa. Vi era infatti qualcosa di ben più grave da testimoniare e, soprattutto, un'azione precisa era richiesta. Una serie di sopralluoghi effettuati nella primavera del 2008 aveva messo in luce una situazione di grave sofferenza di numerose opere di Lotto, in alcuni casi capolavori celebrati su ogni manuale di storia dell'arte: completamente virata negli antichi restauri e divorata dai tarli si presentava la grande macchina del Polittico di San Domenico di Recanati; ferma a poco più di un vecchio livello di pulitura la Trasfigurazione, sempre nella Pinacoteca di Recanati; importanti sollevamenti e cadute di colore interessavano il Polittico di Ponteranica; drammatica la situazione in cui versava l'altare del San Nicola dei Carmini a Venezia. E via proseguendo.

Era dunque necessaria una vasta campagna di interventi, anche considerando come molte opere erano ospitate in luoghi certo problematici da un punto di vista conservativo e non vedevano da molti decenni azioni di tutela. Ma come agire, nella cronica mancanza di fondi e personale in cui versano da anni le Soprintendenze e i principali organi di tutela italiani?

Si è così attivato un progetto che si oserebbe definire virtuoso, rovesciando il concetto stesso di mostra, in cui tutto si risolve nella raccolta di opere per cento giorni d'esposizione. Si è immaginato un nuovo approccio, impostando un progetto territoriale triennale - 2010-2012 - volto al recupero degli itinerari lotteschi nelle tre principali regioni che ospitano le sue opere - Lombardia, Veneto e Marche - di cui la mostra non rappresenta che uno dei momenti salienti. Un'operazione che vede dunque partecipi, accanto alle Scuderie del Quirinale e al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, le Regioni, le Province, i Comuni, le Diocesi e le Soprintendenze competenti, attive in una vasta campagna di restauri che ha visto protagonisti enti come l'Istituto Superiore Centrale del Restauro e finanziatori grandi società italiane, intervenendo non solo su pale d'altare e dipinti ora presentati negli spazi delle Scuderie del Quirinale ma anche su quanto necessitava ed è rimasto poi in loco, non strumentale alla presentazione di Lorenzo Lotto.
Senza contare le opere che giungono dai paesi esteri, e che portano questa monografica di Lotto ad essere un evento eccezionale, forse la maggior esposizione mai dedicata al maestro veneziano, dei 38 dipinti italiani presenti in mostra 17 sono stati quelli restaurati in tempo per l'inaugurazione, di cui 11 pale d'altare o polittici.

Un dovere di tutela che si inscrive in quanto le Scuderie del Quirinale hanno fatto proprio con la triade di mostre dedicate ad Antonello da Messina, Giovanni Bellini - fondamentale l'intervento che ha visto protagonisti la Pala di Pesaro e la sala museale che la ospita, ora climaticamente idonea ad accogliere la grande macchina d'altare - e Lorenzo Lotto.
Un ciclo di esposizioni aperto con i transiti italiani di Antonello da Messina, dalla natia Sicilia a Napoli e Venezia, proseguito con il grande unificatore del linguaggio pittorico italiano, Giovanni Bellini ed emblematicamente chiuso, l'anno del Centocinquantesimo dell'Unità d'Italia, con Lorenzo Lotto: veneziano di nascita, trevigiano, bergamasco e marchigiano d'elezione. Tanto da esser artista di cui si è perduta la percezione dei natali, considerato figlio a Bergamo e nelle Marche la sua opera essendo entrata nell'immaginario dei luoghi in cui è ospitata, si chiamino Ponteranica, Sedrina, Trescore Balneario, Monte San Giusto o Mogliano.